Quando si è nella condizione di dover scegliere la durata del mutuo, a volte non vengono prese in considerazioni le durate minori, ma si pensa subito al mutuo a 30 anni. Una delle principali motivazioni è legata al fatto che si tratta di una proposta di durata considerata standard, non solo dalla parte dei consumatori ma anche da quella degli istituti di credito proponenti un mutuo.
Un’altra ragione è che si è convinti che con questa durata si otterrà una rata facile da sostenere. In parte è logicamente vero, ma nel fare le proprie scelte si deve sempre mediare la sostenibilità della rata con l’aspetto della ‘convenienza’ ovvero dell’esborso complessivo che si andrà a fare a fine piano di ammortamento.
Approfondiamo subito questo aspetto affermando come i trent’anni, rappresentano per molti istituti di credito è una durata “limite” (superata in rare occasione addirittura dai 35 anni e dai 40 anni), da un punto di vista meramente matematico non conviene.
Per capire meglio questo aspetto abbiamo usato il nostro calcolatore indipendente per fare una simulazione con un mutuo a 30 anni e uno a 20 anni, entrambi per un importo di 100 mila euro e un tasso fisso al 2%. Il risultato è stato che:
Se andiamo a considerare la differenza tra le due rate vediamo che effettivamente con 20 anni di mutuo andiamo a pagare al mese in più 136 euro, per farci carico a fine piano di ammortamento di un esborso maggiore di 12 mila euro. Ovviamente ognuno deve valutare se quella differenza di 136 euro, con un risparmio di 12 mila euro, può essere sostenuta oppure no, ma di partenza è chiaro che il mutuo a 30 anni comporta un esborso molto più pesante.
Tuttavia, visto e considerato che alla maggior parte delle persone viene detto che non può permettersi durate inferiori per il rapporto rata reddito, andiamo a fare una serie di considerazioni che servono per poter scegliere al meglio.
Ribadiamo ancora: in senso assoluto un mutuo pagato per 30 anni non conviene a nessuno, proprio a causa dell’impatto che il calcolo degli interessi composti, dovuto all’ammortamento alla francese, produce, con un effetto a cascata fortemente negativo.
Basterà dare un’occhiata ad un ipotetico piano di ammortamento, per vedere che quando è trascorso circa un terzo del periodo di rimborso il capitale restituito sarà prossimo a circa un quarto di quello dovuto. Ovviamente la valutazione della convenienza deve tener presenti anche altri aspetti, così come la possibilità di rimborso senza andare in sofferenza, guardando anche ai progetti futuri.
Per cui se la scelta dell’immobile è temporanea (ovvero si sta valutando di venderla entro un decennio) con un mutuo a 30 anni ci si ritroverebbe di fronte ad un elevato esborso che ha portato ad un abbattimento minimo del capitale. Se viceversa è la ‘casa della propria vecchiaia’, allora si può azzardare questa scelta, visto che non si tratta di un investimento a fondo perduto (come un affitto) e che, con il passare degli anni, l’incidenza della rata finirà con il ridursi progressivamente.
Un discorso abbastanza ricorrente è quello che suggerisce di iniziare con un mutuo a 30 anni, per poi eventualmente estinguerlo prima, oppure per puntare alla rinegoziazione obbligatoria. Questa è una premessa che va sempre evitata. Anzi, se si ha l’idea di concludere prima il mutuo (o di ridurne l’importo futuro), la prima scelta dovrebbe essere quella di optare per durate inferiori. In pratica il ragionamento più corretto da adottare dovrebbe essere questo: oggi inizio con una rata più alta e una durata inferiore, e poi se si verificano condizioni per le quali devo abbassare la rata allora punto a una rinegoziazione o surroga per allungare il piano di ammortamento. Solo, in questo modo si potrebbe riuscire a contenere l’impatto negativo che ha il calcolo con ammortamento alla francese.
La risposta a una domanda di questo tipo, se si è di fronte a una valutazione di carattere più teorico che pratico (ovvero senza considerare la situazione dei tassi in cui si vive) sarebbe favorevole senza dubbi al tasso variabile. Quest’ultimo infatti in un ciclo di 30 anni, tra rialzi e ribassi, finirebbe con il convenire di più rispetto al classico tasso fisso.
Ma se si è in un momento come quello attuale, in cui il tasso fisso è quasi in linea con quello variabile (a dei minimi che fino a qualche anno sarebbero stati considerati irraggiungibili), allora in una prospettiva di 30 anni sarebbe da preferire proprio il fisso.
Per ritornare su un discorso più generale, bisogna dare un’occhiata al trend dei tassi di almeno un quinquennio o decennio antecedente al momento in cui si sta valutando una richiesta di mutuo, e quindi comportarsi di conseguenza, in funzione del ciclo che si sta o si è appena concluso.