Il mutuo flessibile rappresenta davvero la forma migliore di mutuo in circolazione? Come funzionano? Quali tipologie esistono? Continua a leggere e scopri tutto sui mutui flessibili
Nel panorama abbastanza variegato dell’offerta dei finanziamenti pensati per l’acquisto della casa, per un certo periodo di tempo hanno fatto la loro comparsa i cosiddetti mutui flessibili, che sono stati additati come un compendio delle varie forme da sfruttare per risparmiare effettivamente.
Tuttavia le banche spesso non li hanno proposti alla propria clientela, pur lasciandoli nel plafond delle proprie offerte, per una ragione semplicissima: si tratta di una forma “intelligente” di mutuo, che riesce a dare degli ottimi risultati, se le varie scelte che li accompagna durante il rimborso del piano di ammortamento vengono effettuate in modo ponderato e “reattivo” nei confronti dell’andamento dei mercati.
Il che richiede delle competenze e delle conoscenze di cui spesso i semplici operatori di sportello non sono in possesso, vanificandone gli effetti positivi.
Al di là dei nomi dati dalle varie banche, si può parlare di mutui flessibili quando le rate rimborsate periodicamente dalle banche sono fatte di soli interessi, mentre il rimborso del capitale avviene a delle scadenze prefissate e all’interno di un range (che indica un ammontare minimo e uno massimo) dove la scelta viene lasciata al mutuatario, in funzione delle proprie esigenze.
Una volta avvenuto il rimborso del capitale con la prima tranche, la banca ricalcola le rate, dal momento che essendo sceso il capitale, anche il monte interessi a sua volta è diminuito. Tanto maggiore è la quota capitale rimborsata e tanto minore sarà l’impatto degli interessi e quindi, anche le rate, tenderanno a ridursi.
In più alcune banche prevedevano anche la possibilità di consentire al cliente di poter scegliere se passare, secondo delle percentuali fisse, da un tasso variabile al 100% ad un tasso misto (ad esempio 25% fisso e 75% variabile) in funzione dell’andamento del mercato dei tassi. Si tratta evidentemente di una forma di mutuo che presenta una certa complessità nella sua gestione, ma che permette di sfruttare ciò che è un “debito” di lungo periodo in una effettiva opportunità di investimento.
Tuttavia al mutuatario viene richiesta la capacità di riuscire a prevedere i mezzi con cui far fronte al pagamento delle quote capitale, un’operazione che può sembrare di difficile realizzazione a priori, ma che effettivamente è molto semplice se si adottano le giuste misure.
Il modo migliore per sfruttare i mutui flessibili è quello di accantonare delle somme fisse mensilmente per costituire la quota capitale che si dovrà rimborsare, e per farlo ci sono vari metodi, dal classico accantonamento in un fondo deposito o libretto di risparmio, alle forme più evolute di investimento.
Alcuni di questi mutui prevedono l’obbligo di sottoscrivere dei piani programmati di investimento, ma generalmente si tratta di polizze miste, forme ibride che fanno perdere una quota capitale mensilmente accantonata e sono decisamente poco convenienti (bisogna fare attenzione specialmente a quelle soluzioni che promettono un risparmio sul tasso applicato, poiché il risparmio effettivo non riesce mai a coprire i maggiori costi sostenuti nella gestione della polizza).
Tuttavia la forma migliore per gestire e risparmiare i mutui flessibili è data dalla sottoscrizione di piani di accumulo, che prevedendo un investimento fisso mensile sono facili da gestire perché vanno in automatico permettendo comunque di sfruttare le variazioni dei tassi nei vari mercati finanziari in cui si investe (quando le quote costano di meno se ne acquistano di più, e quando valgono di più se ne acquistano di meno ma in parte ciò viene compensato dall’apprezzamento di quelle acquistate a prezzi più bassi).
L’importante è che si tratti di forme di investimento sotto forma di piani di accumulo, indipendenti dal mutuo, gestiti possibilmente con l’aiuto di bravi consulenti che permettano di sfruttare al meglio l’andamento delle quote sottostanti (ad esempi effettuando degli investimenti aggiuntivi che consentono di acquistare un elevato numero di quote praticamente a saldi), e che non presentino elevati costi di gestione.
Dopo il primo anno di pagamento degli interessi è possibile anche destinare le somme della detrazione fiscale degli interessi passivi recuperati dalle dichiarazioni dei redditi, ottenendo così un doppio risparmio (sia il recupero del 19% su una quota degli interessi passivi, e sia gli interessi attivi che maturano sulle somme investite).