Quando si può fare il pignoramento della prima casa? Fino al 2013, anno in cui è nato il Decreto del fare, la questa questione era poco chiara, ma con questo provvedimento sono state apportate delle novità in riferimento soprattutto all’impignorabilità della prima casa.
Questa legge ha in primis stabilito alcuni limiti anche se solo nei confronti del fisco (per quanto riguardava quindi Equitalia prima e ora l’Agenzia delle Entrate). Per una banca che vanta un’ipoteca su un immobile o un credito esigibile per il quale può ottenere l’esecuzione forzata, questo ‘nuovo’ tipo di limitazione o di impedimento continua a non sussistere. E’ bene avere chiaro questo concetto prima di decidere di dare il proprio immobile a garanzia di un finanziamento. Stesso discorso per quanto riguarda l’ex coniuge oppure un qualsiasi creditore privato.
Con il Decreto del fare, ovvero il DL nr. 69/2013, come appena accennato è stata introdotta l’impignorabilità della casa da parte del fisco se si verificano alcune condizioni. Vediamole nel particolare.
Innanzitutto non ci può essere il pignoramento se si tratta dell’unica abitazione di proprietà del debitore a meno che non si tratti di immobili che rientrano nella categoria di quelli di lusso. Attenzione: è anche necessario che oltre ad esser l’unica abitazione questa sia anche quella principale, quindi il debitore deve avervi la residenza anagrafica.
Quindi da questo punto di vista perché il fisco non possa aggredire tramite pignoramento la casa di un debitore devono sussistere entrambe le condizioni:
Questo aspetto va compreso molto bene perché se il contribuente debitore ha due immobili intestati, allora il fisco potrà aggredire sia l’abitazione principale (quella in cui ha la residenza) che la seconda casa. Questa estensione non si applica se il secondo “immobile” è rappresentato da un terreno o da una pertinenza (anche se è accatastata in modo separato). E’ comunque necessario che non ci sia l’accatastamento, anche della sola abitazione, nella categoria A8 o A9 (ovvero case di lusso o castelli).
Il decreto del 2013 è stato chiaro nell’individuare solo nel fisco il soggetto che non può procedere al pignoramento in base alle condizioni sopra indicate. Tuttavia c’è da vedere da quando questa disposizione va applicata, considerato che un procedimento di espropriazione immobiliare prosegue per anni.
In base a ciò si era creata la situazione di un buco normativo riguardo alle procedure iniziate prima del 2013 ma non ancora concluse. Per queste, la Corte di Cassazione nel 2014 ha deciso che si dovrebbe procedere con la sospensione e la cancellazione di qualsiasi azione di pignoramento ottenuta nel frattempo dal fisco. Quindi non ha importanza il momento in cui il procedimento ha avuto inizio, ma il fatto che dopo l’entrata in vigore nel 2013 questo non sia stata ancora concluso.
Il Decreto del fare ha anche introdotto dei limiti di importo, nei casi in cui ci possa essere il pignoramento della prima casa (ferme restando sempre le limitazioni indicate sopra) o la sola iscrizione di ipoteca come garanzia del debito vantato dal fisco.
Infatti il pignoramento può avvenire solo per debiti superiori ai 120 mila euro. Al di sotto di questo importo il fisco può far iscrivere l’ipoteca sull’immobile, ma è necessario che l’importo sia almeno pari a 20 mila euro. Quindi abbiamo due situazioni:
N.B. Nel 2017 questo limite è diventato meno stringente in quanto è stato deciso che per quantificare il valore di 120 mila euro non va considerato il solo immobile ma la somma dei beni immobili o valori mobiliari di cui il contribuente è titolare.
Come detto all’inizio dell’articolo il coniuge separato, alla pari degli istituti di credito, non rientra nei limiti imposti al fisco dal DL nr. 69/2013 e può avvalersi del pignoramento della prima casa ad esempio in caso di assegno di mantenimento non corrisposto. Da sottolineare che la procedura può essere attivata anche nel caso che l’immobile sia stato assegnato da parte del giudice quale residenza in fase di separazione.
Visto l’ampiezza normativa e le numerose sentenze a riguardo emesse sia dai tribunali italiani che dalla Commissione Europea non è possibile fornire informazioni univoche sulle azioni da intraprendere. Nel caso di rischio di esecuzione forzata inerente al proprio immobile è comunque da sottolineare la possibilità di usufruire della Legge Salva Suicidi nei casi di sovraindebitamento secondo quanto stabilito ad esempio dal tribunale di Lodi nel marzo del 2017.