Ottenere un mutuo da una banca o da una finanziaria è la stessa cosa? In teoria ed in pratica no, sia per degli aspetti di carattere soggettivo che oggettivo, legati principalmente alle differenze legislative che regolano le attività delle prime rispetto alle seconde.
Una differenza che può non essere trascurabile, ad esempio, sta nel fatto che le banche devono avere una sede in Italia (ciò vale anche per le banche online), mentre le finanziarie non hanno questo limite.
Può sembrare un aspetto di poca rilevanza, ma le finanziarie non possono effettuare operazioni di raccolta del risparmio, un tecnicismo che alcune di esse hanno superato trasformandosi, almeno nelle formalità, in banche.
Ciò implica che le finanziarie “pure”, per ottenere i fondi necessari per erogare mutui, devono forzatamente rivolgersi alle banche, pagando interessi maggiori rispetto a quelli che le banche riconoscono ai propri investitori. Un aspetto che si ripercuote su un maggior tasso di interesse applicato ai mutui delle finanziarie, che a volte vengono camuffati nell’applicazione di costi fissi ricorrenti elevati (come spese di gestione annua, spese di comunicazione, gestione annuale, ecc).
Le banche per attrarre la ‘clientela’ e quindi applicare tassi di interesse più bassi, scelgono la strada delle promozioni, quella della creazione di offerte ‘ad hoc’ per target di clientela (come i mutui giovani) od infine stipulano convenzioni.
Di contro, gli istituti finanziari italiani non permettono generalmente di accedere a forme di negoziazione sui tassi, se non a soggetti che muovono ingenti capitali (ma si va sul private banking con movimenti di milioni di euro). Le società finanziarie invece si giocano spesso la carta della personalizzazione, con l’applicazione di piccoli sconti ‘ad personam’.
Ci sono differenze anche nella valutazione della clientela, che diviene molto più targettizzata per le società finanziarie rispetto alle banche, e nella determinazione del margine di tolleranza di fronte a delle pratiche non del tutto positive: le banche hanno infatti dei margini di tolleranza molto più ampi, legati al fatto che non si occupano solo dell’erogazione del credito. Infatti gli istituti bancari, dovendo considerare la clientela una risorsa (tra conti correnti o conti deposito, investimenti ed altri servizi), non utilizzano un atteggiamento del tipo “mordi e fuggi” ma spingono verso forme di fidelizzazione.
Infine c’è da considerare che chiedere un mutuo ad una banca o ad una finanziaria avrà delle ripercussioni anche sui costi legati all’iscrizione dell’ipoteca. Per le banche infatti il D.P.R. 29 settembre 601/1973 prevede l’applicazione di una imposta sostitutiva pari allo 0,25% che assorbe una serie di voci di costo come l’imposta ipotecaria, catastale, di bollo, ecc.
Questo ‘sconto’ non c’è nel caso di un mutuo da finanziaria che parte da 2% per l’imposta ipotecaria, più una serie di costi fissi (dai 130 euro dell’imposta di registro, bolli, ecc). Maggiori costi sono poi collegati anche alle spese di cancellazione di ipoteca (doppia imposta, dello 0,50% all’Agenzia delle Entrate e dello 0,50% alla Conservatoria dei Registri Immobiliari sul valore di ipoteca che varia da un 150% ad 200% dell’importo del mutuo erogato).