Chiunque vanti un credito, ha non solo il diritto all’esecuzione della prestazione legata all’obbligazione sottostante, ma ha anche quello di ottenerne la soddisfazione in tempi “diversi” a quanto pattuito con il debitore, senza andare a ledere i diritti riservati a quest’ultimo. In questa ottica si inserisce la cessione del credito, per la quale il legislatore ha lasciato molta libertà di azione, introducendo dei limiti essenziali (vedi anche Dietimi).
Con la cessione del credito (indipendentemente che sia di tipo pro solvendo o pro soluto) il creditore ‘iniziale’ di un’obbligazione la cede (il che può avvenire a titolo oneroso tramite una “vendita” od a titolo gratuito generalmente con l’uso di una donazione) ad un altro soggetto che diventa di fatto il nuovo creditore. Ma che cosa cambia per il debitore?
A livello di ‘obbligazione’ (quindi tipologia, durata, importo, ecc) assolutamente nulla, semplicemente il debitore dovrà effettuare l’adempimento (riferito all’obbligo medesimo) nei confronti del subentrato (ed a questi potrà sollevare le stesse opposizioni che avrebbe fatto valere di fronte a quello originario).
Per la definizione dell’accordo non è necessaria una forma specifica di un contratto (a meno che non sia richiesta proprio dal tipo di obbligazione in sé), non serve reperire un fac simile o modello specifico, ma è sufficiente solo stabilire in modo chiaro le condizioni dell’accordo. Inoltre è dovere del cessionario (ovvero il nuovo creditore) comunicare al debitore l’avvenuto cambio, perché questi effettui la prestazione in suo favore.
Se ciò non avviene, e il debitore adempie all’obbligo nei confronti del vecchio creditore, questi è liberato comunque (a meno che non ne fosse comunque venuto a conoscenza in maniera certa e dimostrabile). Viceversa non è necessario che il debitore sia d’accordo o dia la propria approvazione, deve semplicemente prenderne atto.
Entrambi rientrano nella categoria delle cessioni del credito, ma lo fanno in un modo particolare:
Le differenze riguardano solo l’esposizione che il cedente (il primo creditore) assume nell’esecuzione dell’obbligazione, nei confronti del cessionario (nuovo creditore). In entrambi i casi deve garantire che il debito sia esistente, ma mentre nel pro soluto non ha altre incombenze, il quello pro solvendo, se il debitore non dovesse essere adempiente, viene chiamato in causa perché il cessionario ottenga comunque soddisfazione del debito e del recupero delle spese legali, interessi di cui ha legalmente diritto.