Il Job act è diventato legge tra non poche polemiche, e quello che è certo è che l’impiego a tempo indeterminato con tutela a lungo termine non esiste più, ma che di contro con il sistema delle “tutele crescenti” si è almeno in parte superato il problema della precarietà. Il discorso del tipo di rapporto di lavoro è fortemente legato al mondo dei mutui, per cui è lecito domandarsi che cosa accadrà nell’immediato futuro, considerato che il mercato dei mutui prima casa ha mostrato ormai chiari segnali di ripresa.
Con il job act si parla comunque di contratti di lavoro a tempo indeterminato, ma la flessibilità con la quale può avvenire la gestione dei rapporti di lavoro, può di fatto costituire un freno all’erogazione dei mutui?
Secondo quanto affermato dai più grandi istituti di credito come Bnl, Unicredit, Mps e Intesa Sanpaolo non c’è da temere perché un contratto a tutele crescenti verrà considerato a tutti gli affetti un contratto a tempo indeterminato. Quindi non ci sarebbe da temere un inasprimento delle politiche di concessione del credito (con l’aggiunta, praticamente, o di fatto obbligatoria, del garante), se i requisiti di reddito, e del rapporto con la rata da rimborsare, sono tutti rispettati.
Al di là delle posizioni annunciate dalle banche sembra molto probabile che gli istituti di credito seguano prassi già adottate nei confronti dei lavoratori con contratti di lavoro a tempo determinato, precari e contratti atipici. Quindi non ci dovrebbero essere problemi nei confronti di quelle banche che hanno previsto le offerte di mutui ad hoc per queste categorie di lavoratori ed al loro pari si procederà a implementare la stipula di assicurazioni atte ad aumentare la tutela della banca.
Ciò però potrebbe avere effetti sui costi delle polizze di assicurazione mutui, con premi un po più elevati. Di contro per i mutuatari/assicurati l’attenzione da riporre su clausole di esclusione o limitazione delle coperture dovrà essere quanto meno certosina. Però quello che sembra il vero ostacolo, almeno nell’immediato, è la scarsa conoscenza che di fatto i dipendenti delle banche hanno dimostrato nei confronti di un contratto che nella sua “semplicità” secondo il governo è ancora tutto da scoprire.